Ogni regione d’Italia ha una storia molto specifica che si aggancia a fortissime e radicatissime tradizioni.
Si tratta di usanze che, spesso, fortunatamente sono riuscite a raggiungere i nostri giorni poiché tramandate di generazione in generazione; magari evolutesi nel tempo, certo, “modernizzate”, ma ancora tessuto attivo della vita quotidiana dei cittadini. In altri casi, invece, restano solo poche testimonianze di quello che è stato, di ciò che, un tempo, era la normalità: materiale prezioso per i racconti dei nonni ai propri nipoti, da assaporare davanti al tepore di un camino acceso nelle serate invernali.
L’Abruzzo è una terra ricchissima di costumi e meraviglie da scoprire, ma non parliamo soltanto delle bellezze naturali o delle ricette tipiche che inondano le tavole dei suoi abitanti: l’arte tessile della regione, infatti, è così antica da rendere le proprie origini quasi insondabili.
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Le mani d’oro delle donne abruzzesi
Il tombolo aquilano è una vera e propria chicca locale: è conosciuto poco a livello nazionale e ancora meno a livello internazionale, eppure è una tecnica molto peculiare che dà vita ad merletto unico nel suo genere, realizzato a fuselli.
Ma cosa sono i fuselli?
Siamo abituati a pensare al merletto come un’arte imprescindibilmente legata allo strumento che chiamiamo uncinetto. Esistono, però, anche delle alternative, come accade in questo caso. I fuselli, infatti, sono piccole bacchette di legno che funzionano proprio come il loro “cugino” in metallo: servono, appunto, ad intrecciare i fili tra loro. La sagoma è quella di un rocchetto dove viene avvolto il filato, solitamente sottile lino o seta.
Il tombolo, in effetti, è un cilindro riempito di paglia (per una questione di morbidezza), su cui viene poggiato un disegno fatto su carta: i cuscini su cui s’intreccia il filato (tombolle, in francese, da cui il nome) sono fatti a mano.
E c’è un’altra unicità. Questo merletto viene realizzato senza mai tornare sul lavoro già fatto, in una sola volta.
Il tombolo viene definito “aquilano” perché la sua presenza nella città pare risalga addirittura al ‘400: testimonianze storiche assicurano che quando Isabella d’Aragona visitò l’Abruzzo, nel 1493, rimase profondamente colpita proprio dai merletti delle donne pescolane e che, ancora prima, nel 1476, la famiglia D’Este di Ferrara abbia commissionato una striscia a 12 fusi per un lenzuolo.
Le documentazioni più importanti e precise, però, sono del secolo successivo: in quel periodo sembra che l’Aquila ospitasse addirittura una scuola dedicata (è stato ritrovato un corredo incompiuto realizzato da una scuola di Pescocostanzo) e si sa per certo che, nel 1550, questa nuova tecnica arrivò a Scanno. Come?
Grazie ad un “passaggio” avvenuto dalle donne del Nord, giunte in Abruzzo (e nelle vicine Marche) per seguire i mariti impegnati nella ricostruzione post-terremoto. Da lì, i meravigliosi abiti nuziali di cui si sarebbero potute fregiare le sposte della regione, nonché i polsini e i fazzoletti eleganti che avrebbero potuto esibire gli uomini.
Il tombolo aquilano: ieri e oggi
Il tombolo ha attraversato i secoli, insieme agli abruzzesi, grazie a tutti quegli incontri scolastici pomeridiani in cui le maestre merlettaie insegnavano e tramandavano alle ragazze questa lavorazione. Nel tempo, si è imposto come una tradizione radicatissima del luogo, tanto che, quando con il nuovo millennio ci si rese conto che stava scomparendo, il comune di Scanno stanziò dei fondi per ridare vita a questa attività e non lasciarla cadere nel dimenticatoio.
Oggi, il tombolo aquilano sopravvive nei racconti e nella maestria delle donne più anziane ma anche nell’arte di alcune giovani e giovanissime che coltivano questo simbolo tutto abruzzese e lo propongono – attraverso botteghe fisiche ed online – al mondo intero; è riuscito persino ad evolvere in una concezione più tech, trovando una nuova diffusione grazie alle foto e ai video-tutorial che appaiono ogni giorno sui social network, incantando chiunque se li ritrovi davanti.
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